di Federica Zanantonio Martin e Fernanda Torre 

Le immagini che arrivano in queste settimane dal confine bielorusso-polacco sono terrificanti.

 

Narrano in maniera silenziosa lo strazio di migliaia di persone imprigionate tra un confine e l’altro, portate allo stremo, senza cibo, né acqua, senza possibilità di ristoro, senza tregua dall’inverno anticipato di questi paesi. 

 

Vivono nella foresta, guadano fiumi alla ricerca di un punto scoperto, di una falla nel cordone di sicurezza polacco e bielorusso. Ricercano salvezza, pace, tranquillità dopo migliaia di chilometri percorsi, spesso in condizioni di assoluto pericolo, ma sono invece capitati in una vera e propria trappola per topi, dove la morte è ormai una possibilità concreta. 

 

Alle 2.26 del mattino abbiamo ricevuto una segnalazione secondo cui almeno una persona aveva bisogno di cure mediche – hanno spiegato i medici di Pcpm su Twitter -. Quando siamo arrivati abbiamo scoperto che c’erano tre persone ferite. Erano nella foresta da un mese e mezzo. C’era un uomo affamato e disidratato con forti dolori addominali e poi i genitori del piccolo, lui aveva una ferita al braccio e lei una coltellata alla gamba. Il loro bambino di un anno è così morto nella foresta”.

 

Così, l’arrivo della notizia della morte di un bimbo siriano di un anno, ormai non fa più scalpore veramente nel cuore di noi algidi europei che di certo non ci scomponiamo più dinnanzi all’ennesima morte infantile avvenuta per mano nostra. 

 

Sono ormai sei anni che questa “emergenza migranti” – come piace chiamarla a molti per comodità intellettuale – popola i dibattiti pubblici europei. 

 

Così, l’ennesima immagine scattata al confine con la Polonia, se sprovvista di didascalia, potrebbe tranquillamente sembrare essere stata rubata da qualche articolo o archivio fotografico del 2016, quando anche al confine greco-macedone, si consumavano ciclicamente tragedie umane simili.

Anche lì si guadavano fiumi, aggrappati a una corda, si cercava di sfondare il filo spinato, in una guerra di posizione, logorante e infinita, tutta voluta da questa Europa matrigna, impegnata ormai in seconde nozze con dittatori e forze politiche estremiste che riescono ormai a conquistarla sotto il profilo più istituzionale.

 

Non c’è più il pudore istituzionale, ma solo sfrontatezza. E così, la morte del piccolo siriano, o di centinaia di persone che tentavano di raggiungere il continente europeo, torna ad essere accettabile, restano necessarie.