Ciao Nonno,

Oggi è il 25 Aprile, la tua giornata preferita.

L’aspettavi tutto contento perché sapevi che potevi tornare a sfilare per le strade con me.

Lo so, lo so, sono passati tanti anni ma il ricordo è ancora bello acceso.

Quello stare insieme mi piaceva, ci piaceva. Era una cosa tutta nostra, e per questo preziosa.

All’inizio non capivo bene di cosa si trattasse ma avvertivo che era comunque qualcosa d’importante.

I colori, le persone, la musica, i canti. Sentivo, avvertivo quella sensazione di far parte di una grande famiglia, che si ritrovava stretta stretta a sfilare, almeno una volta l’anno, tutta compatta.

Ci si salva e si va avanti solo se si agisce insieme e non uno per uno“, la ripetevi spesso questa frase.

 

Ricordo te, un uomo baffuto dagli occhi chiari, animarsi mentre mi raccontavi della guerra, della sofferenza e delle mini staffette a cui partecipavi, nascondendo nella canna della bicicletta dei piccoli foglietti destinati a certi giovani uomini che in Barriera stavano fronteggiando il nemico.

Mi raccontavi dei rastrellamenti, delle violenze e lo facevi provando a farmi comprendere quanto per te fosse ancora importante parteggiare, partecipare, senza cadere mai nell’indifferenza.

Oggi Nonno, purtroppo non ci sei più. Sono passati tanti anni da quando te ne sei andato e ti dirò, non ti stai perdendo proprio niente. Qui giù da noi è proprio un disastro.

Ti confesso che a volte, e so che la cosa non ti piacerà, provo ad essere indifferente. Mi sforzo a staccare non solo occhi ed orecchie ma anche il cuore. Mi disconnetto per non vedere la sofferenza altrui.

Ci provo, rifugiandomi in un’indifferenza che però non riesce a durare neanche più di un giorno. Ci provo a ricercarlo, quel cinismo, ma non riesco.

Perché sì, alla fine, come si fa ad essere realmente indifferenti?

Quindi Nonno, ovunque tu sia, spero tu possa continuare a parteggiare, sfilare e a manifestare per tutti noi combattendo l’indifferenza, che quaggiù siamo accecati dalla collera e dalla violenza e non sappiamo più cosa voglia dire essere umani.

 

P.S. ti lascio con uno dei tuoi pezzi preferiti, lo scrisse il tuo caro Antonio più di cento anni fa. Ed è il testamento morale più bello che ci ha lasciato.

 

Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare.

Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?

 

Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.

 

Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano.

Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti” Antonio Gramsci, La città futura, 11 febbraio 1917.

Nonostante tutto il caos che governa questo mondo, buon 25 aprile, nonno.

A presto!