di Fernanda Torre

Białowieża è un’antica foresta situata lungo il confine tra la Bielorussia e la Polonia, 70 chilometri a nord di Brėst. La foresta di Białowieża si trova a 472 km da Przemyśl, luogo ormai conosciuto per essere centro di passaggio per le migliaia di persone in arrivo dall’Ucraina.

Gli ultimi dati Unhcr stimano che, dal 24 febbraio 2022 2.86 milioni di persone hanno transitato lungo la frontiera polacca

Poche ore di macchina più a nord un’altra frontiera, più fredda e mortale: la foresta di Białowieża. Chi arriva lungo quel confine è sempre qualcuno che scappa da una guerra, da una persecuzione, vittima troppo spesso di essere nato nel paese sbagliato.

Nella foresta di Białowieża troviamo afghani, pakistani, siriani, yemeniti, alcuni africani, arrivati in Bielorussia incoraggiati dal governo di Lukashenko, che ha concesso visti turistici con la falsa promessa di un canale facilitato verso l’Unione europea.

La risultante di questa partita è un incredibile numero di persone ammassate lungo la frontiera che, nel tentativo di raggiungere l’Europa, vengono respinti dalla polizia polacca.

E così intere famiglie si ammassano al gelo della foresta, con bambini piccoli che vivono e dormono in pochi lembi di terra.

Se ci pensiamo, la foresta di Białowieża non è poi così lontana dalla città di Przemyśl, simbolo invece di accoglienza, inclusione e sostegno. 

Eppure, la foresta di Białowieża si chiude ogni giorno con sigilli morali e fisici. Chiude il confine ai migranti di altre nazionalità che arrivano dalla Bielorussia. Gli ucraini passano, tutti gli altri no.

Sul confine ci sono persone bloccate, che ripetutamente provano a oltrepassare la frontiera per entrare in Unione europea, rischiando di essere respinte, picchiate e di morire di stenti in mezzo ai boschi dell’antica foresta vergine di Białowieża, patrimonio Unesco. 

Questo succede da molti mesi.

Per non parlare della nuova zona rossa istituita dal governo polacco: un’area pattugliata giorno e notte dai poliziotti, dove i migranti non possono avvicinarsi, e neppure i giornalisti e gli operatori umanitari. Lungo le strade ci sono numerose pattuglie della polizia, tanti i posti di blocco. 

E se, dal nostro ultimo viaggio, Przemyśl ci è sembrata aperta e ospitale, la foresta di Białowieża è diventata il simbolo di un nuovo muro, una barriera d’acciaio lunga 186 chilometri volta ad impedire ai migranti “illegali” di entrare nel Paese. 

Inutile illuderci che la Polonia possa cambiare radicalmente atteggiamento, inutile illudersi che l’Unione Europa possa avere le capacità di denunciare soprusi e rivendicare diritti troppo spesso ignorati.

Inutile ricordare a noi tutti, quanto pochi chilometri possano fare la differenza, tra la vita e la morte.