di Mathieu Porcellana 

Abdelsalam come ogni mattina si alza presto e fa colazione. Si accende una sigaretta dopo il secondo caffè e legge il giornale che il postino gentilmente gli lascia davanti alla porta. Dovrebbe pagare di più il suo abbonamento per questo servizio, ma il postino è amico suo, poi tutti sanno che Abdelsalam è una brava persona.

Come sempre si sofferma sulla cronaca cittadina, bofonchiando qualcosa in una lingua che sempre meno ricorda: l’arabo. 

Dopo essersi vestito esce di casa e va ad aprire il suo negozio. Nel tragitto tra casa e il suo lavoro c’è sempre spazio per un caffè al baretto. Un modo come un altro per far due chiacchiere con le altre persone del quartiere. 

Il barista lo saluta con affetto e prontamente gli porge caffè e croissant che Abdelsalam accetta volentieri. Al bancone si uniscono altri avventori: il macellaio, quello col banco al mercato, i due ragazzi che stanno sempre vicino alla porta e si comincia con le conversazioni mattutine. 

Abdelsalam ama questi momenti. Parlano di calcio, delle novità del quartiere, addirittura Paolo quello che fa il sarto dice contento che il nuovo Comitato di Quartiere questa domenica farà di nuovo la grigliata, un bel momento per tutti ma soprattutto una buona occasione di riprendersi le zone che ormai paiono essere dimenticate dalle amministrazioni. 

– Ma sapete che è successo alla vecchia? Non la vedo da parecchio. – Si intromette Davide il calzolaio

– Mi hanno detto che è stata scippata poverina. – Fa il macellaio Marco. 

– È stato uno di quei negri. – Dice a denti stretti uno dei due ragazzi. 

Alla parola negri cade un attimo il silenzio. Poi:

– Certa gente dovrebbe starsene a casa e non rompere i coglioni al prossimo.- Dice Abdelsalam spegnendo la sigaretta. 

 Riceve sguardi di approvazione, poi la conversazione passa velocemente sull’aumento della benzina, poi i saluti e tutti al lavoro. 

Abdelsalam ha 40 anni. Vive in Italia da oltre 20 anni. 

Abdelsalam è nato in Tunisia. Appena compiuti i 18 anni ha deciso di partire per l’Europa approdando in Italia. 

Abdelsalam è ormai una persona ben integrata nel suo quartiere. Tutti lo chiamano “Sam” E molte persone credono sia un diminutivo di Samuele.

All’inizio non è stato facile. Sam lo ricorda bene: benché sia chiaro di carnagione o “troppo poco cotto”  come direbbe sua madre, Sam si è sempre sentito fuori posto in Italia. Ovunque passasse gli sembrava di essere sempre osservato. 

Per tutti era solo un arabo. Uno sporco arabo. 

Aveva trovato un posto in affitto e un lavoro ai mercati generali, prendeva una miseria e la casa faceva schifo. I soldi che gli rimanevano cercava di conservarli ed era costretto a fare la spesa nel negozietto del paesano poco distante dalla sua casa. L’odore delle spezie gli ricordava casa e lui ne usava in abbondanza, quasi volesse almeno con la mente tornare in Tunisia. 

Un giorno ai mercati un suo collega gli aveva urlato “Cristo, ma quanto puzzi? ” e improvvisamente quel odore di casa gli sembrò la cosa più oscena del mondo. 

“Cazzo di arabo, se a casa tua non ti lavi a casa mia ti devi adeguare, ah già niente piscio di cammello qui. Ma se vuoi provvediamo in altro modo. Ragazzi tenetelo fermo è da stamattina che non la faccio. ” 

Lo avevano bloccato a terra, lui si dimenava. Non sapeva neanche come chiedere aiuto in italiano, così aveva provato a farlo in arabo.

Poi il primo getto lo aveva colpito. 

Si trattava solo di acqua fortunatamente. 

Lo lasciarono andare e scoppiarono tutti a ridere. 

Lui corse via piangendo. 

A casa buttò via tutte le confezioni di spezie e tutta spesa comprata dal connazionale. Si chiuse nella doccia a dormire. 

Sono passati tanti anni ormai. Sam non pensa più a quello che gli è successo quella volta ai mercati. 

Ormai ha il suo negozio. Nel quartiere è ben accetto. Ha cambiato casa, ora sta in una molto più bella. 

Tutti conoscono Sam, tutti sanno che è una brava persona. Uno che lavora. Mica come i suoi connazionali, banda di falliti, che spacciano è fanno casino in giro ubriachi.

– Pensi che al loro paese alle donne le picchiano. – Chiosa la signora Favazza, la pensionata, sorseggiando un caffè al bar di zona. 

– Mi dica se è possibile accettare questa gente, per carità che alcune donnacce per come si vestono altroché le botte, ma dico io.- Continua la Favazza. 

– Che vuole che le dica signora. Certa gente nasce selvaggia e così rimane.- Dice Sam.

– Bah che gente. Su su signor Samuele che ci aspettano, il caffè ovviamente glielo offro io.-

Sam ha finito di lavorare e, come sempre, si ferma al bar. È mercoledì e ogni mercoledì con la signora Favazza fanno pausa caffè, poi vanno alla riunione del Comitato di Quartiere. 

L’atmosfera è sempre piacevole. È pieno di facce belle e conosciute. 

Ha notato con stupore il figlio della Cravero. Era un giovanotto un po’ tontolone ma adesso è cambiato. Sta davvero bene: petto gonfio, spalle larghe, testa rasata. Sembra essersi arruolato. Ha pure quei buffi stivali, gli anfibi, ai piedi. Conciati come lui ci sono altri ragazzi. Hanno la pettorina del Comitato e aiutano le persone a trovare posto nella sala. 

Molti anni prima Abdelsalam aveva ospitato suo fratello. Ma Sa’id a differenza sua di imparare l’italiano non voleva saperne. Di trovare un lavoro neppure. Beveva. Quello gli piaceva. 

Era diventato un peso per Sam. 

Un giorno Sa’id non era rientrato a casa. Sam lo aveva cercato dappertutto per poi trovarlo dormire vicino a un banco dismesso del mercato. Reggeva una borsetta. 

Gli chiese di chi fosse quella borsa ma il fratello era troppo ubriaco per rispondere coerentemente, così Sam urlò la stessa domanda strattonandolo. 

Venne notato da due agenti che gli si avvicinano. 

Sam ebbe paura, il primo poliziotto gli ringhiò contro ma lui in un perfetto italiano gli disse:

– Agente, questo arabo di merda ha appena rubato una borsa.- 

– Bene bene -, fece il poliziotto, – Sapevo che c’era un motivo per andare a lavoro oggi.- 

Sa’id intontito dall’alcol vide solo due macchie che gli si avvicinavano e la figura del fratello sfumare sempre di più. 

Sa’id morì per le botte subite. Dopo il pestaggio i poliziotti lo lasciarono lì e così fece suo fratello. 

Il quartiere cambia. La sera poi diverse zone, come i giardinetti o il vecchio mercato, diventano piccole corti dei miracoli dove alcolizzati, tossici o altra gentaglia si ritrova lì. Era stato il signor Baldini a dirglielo. 

“È pieno di tossici e ciuccatoni sa? Ma mica. Nostri eh, badi bene signor Samuele, son tutti arabi o cose simili, lo dico a lei perché mi sta simpatico sa, ma io con un arabo neanche il caffè ci prenderei. “

I Giovani del Comitato di Quartiere, capeggiati dal figlio della Cravero ogni tanto presidiano i giardinetti o il vecchio mercato. La situazione sta diventando ingestibile. 

Sam ha sentito parlare il figlio della Cravero di questi presidi, che lui e i suoi amici chiamano battute di caccia. Ma son giovani dai, e poi comunque c’è bisogno di questo: noi italiani dobbiamo stare al sicuro da questi stranieri. 

Questo pensa Sam.

Il Comitato Adesso ha sempre più presa nel quartiere. “Via gli stranieri”, berciano gli organizzatori e su queste note organizzano manifestazioni e cortei. 

Sam è italiano e si sente tale, di conseguenza non si sente fuori posto lì dentro. Dove prima vedeva crocifissi adesso si rendo conte che le braccia si accorciano e si inclinano, a formare degli uncini. Ma è solo soggezione: non sono razzisti questi ragazzi, hanno solo a cuore la loro zona. 

Benché sia rimasto poco di Abdelsalam, Sam è convinto che gli stranieri abbiano poco diritto di venire nel suo nuovo paese adottivo. Lui si è fatto il culo, ha lavorato, voleva essere un italiano e lo è diventato. 

Ma qualcosa cambia.

Il barista si dimentica del suo caffè o non gli fa più credito. 

La signora Favazza ha disertato il loro appuntamento del mercoledì. 

– Mica lei è come loro sa? Ma comunque meglio non farsi vedere da certe persone.- 

Sam lo accetta. Capisce. È pieno di gente merda e le persone perbene non possono farsi vedere in giro con certai elementi. Anche se lui è diverso. 

Lui è Sam. 

Una sera, forse più buia delle solite, si ritrova al mercato. Dove aveva lasciato il fratello. 

– Avresti potuto avere quello che ho io, avresti potuto crearti un futuro, ma come sempre hai mandato tutto a puttane, tutto! Non sono l’arabo di merda che tutti pensano. Io sono Sam e sono integrato, pago le tasse, ho un lavoro. Cosa credevi? Che bastasse arrivare qui e farsi coprire d’oro? Sei solo un idiota. Un idiota! E sei morto come un idiota! Non ho più nulla con te! Lasciami stare!-

Sam è ubriaco, parla in arabo ed è da parecchio che non parla in arabo. Piange tra una sorsata e l’altra, piange tra una frase e l’altra. 

Sembra da lontano l’ennesimo ubriacone arabo che si aggira per il vecchio mercato. 

Ma lui è Sam. Non un ubriacone qualsiasi. 

Non si accorge del figlio della Cravero che si avvicina con dei suoi amici. Gli stessi che aveva visto al Comitato, con la stessa divisa buffa. Non si accorge nemmeno che sfilano i manganelli. Lui parla con Sa’id. 

Sa’id lo guarda. Guarda il fratello farsi massacrare di botte dagli stessi italiani che lui aveva sempre difeso. 

Ora Abdelsalam è con suo fratello.