di Roberto Cascino
Usare la burocrazia per causare dolore, sofferenza, financo morte può essere considerato un comportamento legittimo da parte di uno Stato? Politicamente, fare ricorso agli atti amministrativi per fermare il lavoro delle ONG che in mare aperto salvano vite giorno e notte è più accettabile che agire implementando blocchi navali e schierando la guardia costiera? E socialmente, invece?
Da qualche settimana mi pongo queste e altre domande dopo la promulgazione del nuovo decreto-legge del Governo Meloni che introduce nuove, stringenti regole per il soccorso in mare da parte delle navi delle ONG.
Ci sono certi punti che non capisco, mentre altri sono chiarissimi.
Di cristallino, c’è l’intento di fermare gli interventi che le navi come la Geo Barents (Medici senza Frontiere) e la Ocean Viking (SOS Mediterranee) compiono nel tratto di mare tra il Nord Africa e l’Italia. Interventi che vengono tacciati di essere fattori primari delle partenze dei migranti, e quindi è colpa loro che mettono in pericolo le persone, che fanno aumentare l’immigrazione irregolare, che sono d’accordo coi trafficanti umani, che sono dei taxi del mare.
Scusate, mi è partito l’elenco in automatico.
Video imprescindibili a parte, diversi studi sanciscono ormai come colossale balla elettorale la presenza di ONG in zona come pull factor primario nelle partenze. Persino Frontex, l’Agenzia della guardia di frontiera e costiera, non sostiene più questa tesi da quando ad aprile Fabrice Leggeri, il controverso Direttore dell’Agenzia, si è dimesso.
Nonostante ciò, in Italia a fine dicembre è stato varato un provvedimento i cui punti cardine sono ostacolare le operazioni di ricerca e soccorso in mare e vietare i soccorsi multipli.
Le navi delle ONG devono raggiungere il punto in cui prestare aiuto a dei naufraghi e poi via, velocissimi, tornare verso il porto assegnato a loro dalla Capitaneria come primo “sicuro”.
Come già è accaduto in questi giorni, poi, le città di approdo vengono scelte con un criterio serio e responsabile, con conseguente reazione di un centro sinistra che conferma di non avere bene in chiaro quale battaglia valoriale scegliere.
Quello che non ho chiaro è quale sia l’endgame (anglofono, snob e radical chic) ricercato.
L’intento del Governo Meloni è quello di utilizzare un tema molto caro ai suoi elettori per consolidare il consenso intorno alla maggioranza. Partiticamente legittimo, tutto sommato. Politicamente e socialmente, invece, una sonora pernacchia.
Non che nel recente passato, e con altre maggioranze, la situazione sia stata diversa: il nostro Paese non riesce a scendere a patti con una situazione “di emergenza” che continua a palesarsi di anno in anno.
Una nazione che decide di rendere impossibile il mestiere di chi salva le vite, anche quando è palese che non sia quello il percorso preferenziale di chi arriva in Italia.
Conservo i miei dubbi, in attesa che qualcuno si renda conto che il nuovo provvedimento viola, ancora una volta, il diritto internazionale e lo scardini. Oppure che giunga un’altra sentenza di un Tribunale (italiano, europeo o internazionale) che condanni l’Italia a prendersi carico delle sue responsabilità.
Eticamente la partita è persa. Ancora.