di Mathieu Porcellana 

Il 30 settembre 2021, poco più di un anno fa, il Tribunale di Locri condannava a 12 anni Mimmo Lucano per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Mimmo Lucano era stato usato dalla politica prima come mascotte dal centro sinistra e poi consegnato come agnello sacrificale ai sovranisti. La sua condanna, oltre a far rabbrividire chiunque conosca un minimo le vicende di Riace, dimostra la linea dello Stato contro chiunque si prodighi nel opporsi a un clima di divisione e razzismo. Ma soprattutto, finiti i tempi della “pacchia” per dirla in tono salviniano, il giudizio del Tribunale ci mostra come Mimmo sia stato lasciato completamente da solo.

Stati Uniti, 1985: siamo nel mondo di Watchmen, un fumetto diventato anche film nel 2009. Il Governo USA mette al bando le maschere e i supereroi. Le vicende del fumetto si aprono proprio con la morte di uno di loro, in seguito il protagonista afferma “Attaccare uno di noi è attaccarci tutti”.

Potrei, oltre a Watchmen, citare altri fumetti dove le maschere, i supereroi, vengono messi al bando dai Governi. Additati come i nemici della comunità continuano, a volto (s)coperto, in modo quasi partigiano la loro attività di salvare il mondo.

Ma quel 30 settembre, dopo aver letto il giudizio appioppato a Mimmo, ho pensato esattamente le stesse parole del protagonista di Watchmen: “Attaccare uno di noi è attaccarci tutti”.

Polonia, 2022: diversi volontari de Il Pulmino Verde si sono recati a portare aiuto e ad osservare sia il confine ucraino che quello bielorusso, dove il Governo polacco ha issato un muro letale. Siamo entrati in contatto con le realtà degli attivisti che operano in quei territori.

Tutti, chi più chi meno a seconda della propria propensione, sono stati espansivi, gentili. Tutte le persone che abbiamo incontrato avevano una gran voglia di sfogarsi, di raccontare, di avere un orecchio amico che li sapesse ascoltare.

Tutti loro così soli: questo è il prezzo che si paga a salvare il mondo.

Come dice Ratman, non tutti possono essere dei supereroi. Essere un supereroe è qualcosa che hai dentro: l’addestramento serve solo a farlo uscire, renderlo palese. Come un purgante.

Ho sempre visto un parallelismo tra l’attivismo e l’operato di un supereroe. I supereroi sono quelli destinati a portare la luce, la speranza nei volti degli ultimi, verso coloro che sono stati esclusi, dimenticati.

Sono loro i portatori di speranza. Una speranza che vacilla nelle interminabili code alla Questura di corso Verona, o nei verbali delle Commissioni, o semplicemente con lo spauracchio della denuncia di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, che va a colpire chi attua la solidarietà.

Ma come si fa a lasciar stare? Come si fa a smettere di guardare dopo che si è visto?

Lasciar significherebbe darla vinta ai muri, alla polizia di frontiera, ai leoni da tastiera che si gongolano dell’ennesimo naufragio in nome della difesa nazionale.

Certo chi si arrende non rischia, ma sfido loro a guardarsi allo specchio. Resta vero che non tutti possono essere supereroi, ma quando lo si diventa si inizia ad estraniarsi e il rapporto sia con gli altri che con i diversi contesti di vita muta. Ci si rende conto che solo con coloro con cui si è pianto, riso, si è brindato e condiviso gioia e dolori sono famiglia. E finché insieme si alzerà lo sguardo al cielo con la speranza negli occhi varrà la pena continuare.

Da una parte ci sono i confini, le leggi che discriminano, le violenza.

Dall’altra, ci sono loro: i supereroi.

A tutti i supereroi di questo mondo e a una che come te non c’è nessuna