di Alba Mercolella 

“Questo è stato un anno difficile”, come lo scorso e quello ancora prima. Siamo abituati da anni a sentire questa frase, ma senza dubbio si può dire che questo è stato un anno denso di eventi.

 

Sono aumentate le diseguaglianze. Lo si nota anche nella vita di tutti i giorni. Infatti, oggi è l’inflazione a spaventare e a creare diseguaglianze, mentre la preoccupazione verso il covid e la pandemia diminuisce.

 

Sì, è stato un anno denso di eventi ma uno su tutti ha dominato la scena e lo farà ancora per molto tempo. Ci si riferisce alla guerra in Ucraina, annunciata come “operazione militare speciale” dal Presidente Putin nelle prime ore del 24 febbraio.

La macchina della solidarietà si è attivata fin da subito. Camion, tir e persone con la volontà di aiutare si sono riversati sulle frontiere europee dell’Ucraina.

Il ritorno al potere dei talebani in Afghanistan, che già era caduto nel dimenticatoio, è così completamente sparito dall’agenda mediatica se non per qualche notizia qua e là. Fra le ultime, il totale divieto di frequentare l’università, mentre nel vicino Iran le proteste per la morte di Mahsa Amini perdurano. Di certo, nel vicino 2023, vedremo proseguire la dura lotta accompagnata dalle parole “Donna, vita, libertà”.

 

Ricordiamo non per nulla il caso afghano: anche noi, come i tanti volontari che ogni giorno danno una mano al rifugio Fraternità Massì di Oulx, abbiamo visto donne, uomini, minori soli e famiglie in procinto di attraversare le Alpi.

Come testimoniato in un articolo uscito a luglio su L’Avvenire, “A gennaio dei 28 provenienti dalla rotta turca 26 erano afghani, a febbraio 5 su 8, a marzo 62 su 71, ad aprile 17 su 22, a maggio, mese record, 122 su 217, a giugno 50 su 60.”

Quello che abbiamo visto è il doppio standard di accoglienza. Lo abbiamo visto su questa frontiera e soprattutto in Polonia, e ancor di più sul confine polacco-bielorusso.

 

“Coloro che provano ad accedere all’Unione Europea attraverso il confine tra Bielorussia e Polonia sono al centro di giochi di potere e volontà politiche che impediscono loro di esprimere la libertà personale al movimento. Da un lato la Polonia, finanziata dall’Unione Europea, ha costruito un muro di filo spinato per respingere le persone in movimento trascurando questioni di tipo ambientale ed etico.”

 

Le parole di Francesca Olivi riecheggiano forti e chiare. Danno una scossa ad un immobilismo silenzioso che riecheggia in quei luoghi, in mezzo alle foreste che abbiamo conosciuto a giugno e a settembre di quest’anno.

 

Già verso la fine del 2021 si erano timidamente accesi i riflettori su quel confine, quando le forze di polizia polacche hanno utilizzato i cannoni ad acqua contro le persone bloccate tra il filo spinato e i cani vedetta. Ciò è successo più di un anno fa. Era novembre e le temperature erano sotto lo zero: da un lato le forze di uno Stato che ha usato, sfruttato e approfittato di migranti per puri fini politici; dall’altro persone in movimento vittime di un gioco di potere e di sfruttamenti politici.

 

Vogliamo dedicare un pensiero, alla fine di quest’ennesimo anno difficile, a ciò che c’è nel mezzo su ogni confine. Parliamo della solidarietà incarnata da volontari e volontarie, da attivisti ed attiviste che quotidianamente, continuamente, dedicano forze ed energie in nome del diritto di ogni essere umano di ricercare una vita migliore.

 

Questo diritto deve essere tutelato e garantito sia che si fugga da conflitti, da persecuzioni o che si sia alla ricerca di una vita migliore. Ci vuole una forza enorme, ed è una fortuna e una ricchezza aver potuto conoscere delle persone portatrici di questa forza e volontà.

 

Ringraziamo l’Associazione Egala, Fundacja Bezkres e Grupa Granica e le persone che portano avanti realtà coraggiose come queste. In particolare rivolgiamo un pensiero alle persone che abbiamo incontrato e che ogni giorno percorrono i sentieri vicino a Białowieża, lungo il muro polacco, individuando persone ferite dai fili spinati, dai morsi dei cani e dalle tante trappole volte a scovare l’ennesimo “migrante”. Persone costrette a raccontarsi sotto pseudonimo o con la sola iniziale del proprio nome quando va bene, che spesso non possono riferire nemmeno alle persone più care della propria attività.

 

Vogliamo rivolgere un ringraziamento a tutti coloro che in questi viaggi ci hanno mostrato le immagini oscure dei confini e raccontato i retroscena di una frontiera nascosta, in primis dall’Unione Europea. Oltre ai retroscena, ci hanno raccontato della loro solitudine. Per quello che possiamo, con tutto l’impegno di cui possiamo essere capaci, non vogliamo lasciarli soli e sole: continueremo a parlare delle loro azioni, delle loro dimostrazioni e della loro forza. Sempre con l’anonimato, la discrezione e la delicatezza che ci impegniamo a portare avanti.

 

Vogliamo ringraziare le tante persone che ci hanno supportato in quest’ultimo anno rendendo possibile il percorso in Polonia, chi ci ha scoperto da poco, chi ci invita a raccontare le nostre esperienze.

 

Il 2022 sta finendo, ma questo percorso su confini e frontiere vogliamo portarlo avanti dando voce ad un tema di cui si parla sempre troppo poco.